Intervista ad Aldo Giannuli
fonte: http://www.archivioguerrapolitica.org/?page_id=4296
Siamo
orgogliosi di poter ospitare sul nostro sito Aldo Giannuli, grandissimo
esperto di movimenti, strategia della tensione, terrorismo e servizi
segreti. Attualmente docente di Storia contemporanea all’Università
Statale di Milano, è stato consulente della Commissione stragi del
Parlamento italiano e di numerose procure, tra cui quella di Brescia in
occasione del processo per la strage di Piazza della Loggia. A lui si
deve, nel 1996, la scoperta dell’ “archivio di via Appia”, un’enorme
mole di documenti non catalogati provenienti dall’Ufficio Affari
riservati del ministero degli Interni.
In trent’anni di carriera ha prodotto numerosi saggi storici e negli ultimi tempi ha allargato il suo campo di indagine, dedicandosi all’analisi di tematiche concernenti la globalizzazione, l’economia e la finanza internazionale. Giannuli cura anche un blog, aldogiannuli.it, dove potrete trovare, oltre alle sue analisi di attualità, molte altre informazioni sui suoi studi e la sua produzione nel campo della ricerca storica.
Alla fine del 2012 la casa editrice Ponte alle Grazie ha pubblicato Come i servizi segreti usano i media: una vera e propria guida all’interpretazione delle notizie che quotidianamente riceviamo da giornali e tv. Nelle domande che abbiamo rivolto al nostro ospite, abbiamo cercato di applicare i riferimenti metodologici del suo ultimo lavoro ai contenuti di altre sue opere, per certi versi affini, come “Bombe a inchiostro” e “Il noto servizio, Andreotti e il caso Moro”. Buona lettura.
In trent’anni di carriera ha prodotto numerosi saggi storici e negli ultimi tempi ha allargato il suo campo di indagine, dedicandosi all’analisi di tematiche concernenti la globalizzazione, l’economia e la finanza internazionale. Giannuli cura anche un blog, aldogiannuli.it, dove potrete trovare, oltre alle sue analisi di attualità, molte altre informazioni sui suoi studi e la sua produzione nel campo della ricerca storica.
Alla fine del 2012 la casa editrice Ponte alle Grazie ha pubblicato Come i servizi segreti usano i media: una vera e propria guida all’interpretazione delle notizie che quotidianamente riceviamo da giornali e tv. Nelle domande che abbiamo rivolto al nostro ospite, abbiamo cercato di applicare i riferimenti metodologici del suo ultimo lavoro ai contenuti di altre sue opere, per certi versi affini, come “Bombe a inchiostro” e “Il noto servizio, Andreotti e il caso Moro”. Buona lettura.
La sicurezza delle reti informative
è un problema di ordine militare, ma questo non vuol dire che ci sia
sempre presente uno stato di ostilità o che esso superi una certa
soglia. Dobbiamo abituarci a considerare il problema da un altro punto
di vista: fino alla metà del Novecento la guerra è stata un fenomeno ben
individuato e circoscritto, caratterizzato dalla prevalenza dell’azione
militare ed aveva eminentemente un carattere aperto. Oggi il concetto
di guerra si è evoluto, non ha più al centro le operazioni militari e
non ha carattere aperto, ma è caratterizzato da forme di combattimento
in gran parte coperte; una di queste può essere l’infiltrazione, la
distorsione o la distruzione delle reti di comunicazione. Ma sono gradi
diversi di azione.
Lei definisce le agenzie di stampa dei
“nodi strategici”, e fa un inquietante riferimento all’Adnkronos, a
Felice Fulchignoni e al “Noto servizio”. La mente va anche all’esempio
dell’Aginter presse e delle agenzie di stampa ad essa collegate.
Possiamo affermare che una struttura occulta, per potere condizionare la
vita politica di un Paese, debba necessariamente avere il controllo di
qualche agenzia di stampa?
Non necessariamente. Ci sono molti
altri modi per condizionare la vita politica (ma, ora, direi anche
economica e finanziaria di un paese), tuttavia il controllo di una
grande agenzia stampa – o almeno l’infiltrazione in essa di propri
uomini o di contatti – è sicuramente uno dei modi più diretti ed
efficaci per condizionare la formazione dell’opinione pubblica.
Risalendo agli anni
Cinquanta sicuramente lo fu l’inchiesta di Besozzi sulla morte di
Salvatore Giuliano. Negli anni settanta il caso celeberrimo è quello
dell’inchiesta sul Watergate ma, per restare in casa nostra, direi che
molte inchieste della controinformazione lo furono e si pensi a quella
sul caso Pinelli.
Più volte viene citato il nome di Mino
Pecorelli e la cosa non può stupire. Dopo tanti anni di studio, quale
opinione si è fatto sulla sua figura? E sulla sua morte?
Pecorelli era un curioso incrocio
fra giornalismo di inchiesta, minaccia, compromissione e reale desiderio
di cercare la verità. Spesso nel mondo a cavallo fra media e servizi di
informazione ci si batte con figure di questo tipo. Sulla sua morte c’è
ancora molto da indagare. Personalmente ho sempre ritenuto la pista del
caso Moro come la più promettente.
Affine è il tentativo di fare
informazione “dal basso”, radicalmente diverso è l’atteggiamento nei
confronti della militanza politica e soprattutto dell’organizzazione. La
c.i. degli anni Settanta era un fatto in parte legato ai movimenti e di
natura collettiva. L’attuale azione nel web ha più a che fare con la
figura del giornalista free lance.
Paradossalmente proprio il caso
della Strage di Stato – che resta in assoluto una delle inchieste
migliori della c.i. e quella che ha avuto più successo – si è incrociata
con un’operazione di intossicazione ambientale riguardante la pista
Avanguardia Nazionale.
Quello che oggi è informazione, abbiamo
detto, è per un Paese una questione militare, che riguarda la sicurezza
nazionale. Le informazioni di oggi saranno tuttavia le fonti per la
scrittura della storia di domani. Ne consegue che tenere occultata una
verità storica – qualora questa fosse indicibile – diventa per uno Stato
(e per la sua classe politica) una questione di vitale importanza.
Ritiene sia il caso del nostro Paese, il cui passato recente appare
tanto torbido?
Certamente ma non solo: lo stato di
consultazione degli archivi, per quanto riguarda gli anni Sessanta,
Settanta ed Ottanta, è disastroso in tutta Europa. Anzi, da noi i
processi per strage, mafia, colpi di stato ecc. hanno aperto una
finestra da cui è stato possibile mettere il naso in quegli archivi, ma
in Paesi come la Francia o, peggio ancora, l’Inghilterra, le cose stanno
ancora peggio. Il caso di maggiore apertura è quello degli Usa dove,
tuttavia, ci sono comunque forti restrizioni.
Per quanto possa apparire paradossale, dal 1950 in poi sappiamo molto meno di quanto non abbiamo saputo dell’Europa degli anni Trenta o Quaranta.
Per quanto possa apparire paradossale, dal 1950 in poi sappiamo molto meno di quanto non abbiamo saputo dell’Europa degli anni Trenta o Quaranta.
Ringraziamo il prof. Giannuli per la sua
disponibilità e ci complimentiamo con lui – consapevoli di non far
torto alla memoria del grande Federico Chabod – proprio per la grande
lezione di metodologia contenuta in questo suo ultimo lavoro. Nel
salutarlo, invitiamo i nostri lettori (e in particolare gli studiosi) a
prendere esempio da Giannuli, per la sua capacità di analizzare con
rigore analitico gli arcana imperii del passato e del presente.
Da parte nostra, abbiamo imparato la lezione: ci guardiamo bene dal
disprezzare lo studio del lato oscuro delle nostre società, consapevoli
della differenza abissale tra dietrologia e metodo scientifico. Proprio
perché, per concludere con le sue parole, “complottismo e
anticomplottismo sono due forme simmetriche di stupidità”.
Nessun commento:
Posta un commento